Vi abbiamo già parlato dello Schema di marketing multilivello (MLM) e oggi torniamo sull’argomento per fornirvi un approfondimento e conoscere la differenza tra marketing multilivello e schema piramidale.
Il MLM viene spesso criticato poiché è molto facile camuffare delle vendite piramidali, ovvero forme fraudolente di MLM che come tale vengono sanzionate come illegali.
E’ evidente che ci trovi davanti uno schema piramidale se l’obiettivo principale della attività non è promuovere beni o servizi, ma reclutare altre persone nel marketing multilivello. L’unico obiettivo dello schema piramidale, infatti, è quello di reclutare nuovi soggetti; tuttavia soltanto coloro che si trovano in cima alla piramide effettivamente guadagneranno denaro, tutti gli altri perderanno soldi.
Visto e considerato che tutti gli MLM, anche quelli legittimi, hanno interesse a reclutare personale per guadagnare dalle commissioni, è consigliato prestare particolare attenzione prima di accettare e aderire a queste attività.
Ma qual è la differenza tra marketing multilivello e schema piramidale?
Bisogna porre l’attenzione su una serie di fattori:
- Il prodotto è inesistente oppure viene venduto a un prezzo troppo alto per essere competitivo;
- L’azienda fornisce poche informazioni di sé e comunque non prima di entrare a farne parte;
- Le informazioni sul piano dei compensi e sugli aspetti legali non sono chiare, oppure sono contraddittorie;
- Vengono fatte pressioni psicologiche per fare acquisti ai meeting;
- Il guadagno aziendale deriva quasi completamente dalle quote di adesione di nuovi distributori;
- Viene ripetuto molte volte che la società opera nella legalità.
La legislazione italiana, nonostante non definisca chiaramente il MLM, interviene per regolamentare il settore commerciale, ponendo norme volte a evitare strutture piramidali e prevedendo sanzioni precise.
Possiamo a tal fine citare l’art. 5 della Legge 173 del 17 agosto 2005, il quale rende illegali le organizzazioni che “configurano la possibilità di guadagno attraverso il puro e semplice reclutamento di altre persone” oppure l’art. 6 che vieta obblighi per il reclutato di corrispondere all’azienda somme di rilevante entità in assenza di una reale controprestazione al momento del reclutamento o per restare a far parte della struttura.
La disciplina fiscale del marketing multilivello
In Italia, la disciplina fiscale riguardante il multilevel marketing è legata alla normativa legata alle vendite porta a porta.
Ai sensi dell’art. 3 della Legge n. 173/2005, l’attività di vendita porta a porta è definita “occasionale” quando l’incasso netto annuo non supera la soglia di € 5.000, tenendo conto di una deduzione forfettaria del 22%: quindi, la quota di fatturato massimo che può raggiungere il venditore per essere considerato “occasionale” è di € 6.410,26, il quale oltre a non dover dichiarare il suo reddito nel modello Redditi Persone Fisiche, non sarà neanche obbligato all’apertura di una partita IVA.
Superati i € 6.410,26 lordi di fatturato annuo l’attività viene definita come professionale, e deve essere esercitata con partita Iva (utilizzando il codice attività 46.19.02, “Procacciatori di affari di vari prodotti senza prevalenza di alcuno), ed emettendo fatture elettroniche sulle provvigioni effettuate e, in base al regime fiscale, sarà necessario anche il versamento dell’Iva.
I redditi derivanti dall’attività di marketing multilivello occasionale, sono tassati tramite una ritenuta alla fonte del 23% calcolata sempre al netto della deduzione forfettaria, e quindi sul 78%.
La ritenuta alla fonte che trattiene l’azienda mandante è a titolo di imposta (ex art. 25-bis comma 6 del DPR n. 600/73), ciò significa che il venditore non è tenuto a sommare altri eventuali redditi ai fini IRPEF, quindi si assiste ad una forma di tassazione separata del reddito.
Anche nel caso di un venditore professionista opera il meccanismo legato all’applicazione delle ritenute di acconto sulle provvigioni maturate dal venditore, esattamente come indicato per l’attività occasionale.
Nei confronti dell’impresa mandante il venditore è tenuto ad emettere e rilasciare una ricevuta non fiscale. Sulla base della ricevuta emessa l’azienda mandante effettua la ritenuta fiscale. Nel caso di azienda mandante residente all’estero non vi è la possibilità di applicazione della ritenuta e quindi la tassazione del venditore avviene direttamente in dichiarazione dei redditi.
A livello contributivo, chi svolge l’attività di network marketing, è tenuto all’iscrizione alla gestione separata INPS ed al relativo versamento dei contributi previdenziali, i quali devono essere versati per 1/3 dal venditore e per 2/3 dall’azienda mandante. Il venditore professionale deve porre in fattura anche le trattenute per i contributi INPS, del valore di un terzo dei contributi dovuti.
L’art. 44 del D.L. n. 269/2003 afferma che i soggetti incaricati delle vendite sono obbligati all’iscrizione alla gestione separata INPS nel momento del superamento di € 5.000 di provvigioni nette, quindi il venditore sarà obbligato all’iscrizione alla gestione separata INPS nel momento in cui scatta anche l’obbligo dell’apertura della partita Iva e la sua attività da occasionale diventa professionale. Da quel momento in poi, i contributi saranno versati sulla parte eccedente sulla parte eccedente i € 5.000 di provvigioni nette.
Coloro che svolgono l’attività di network marketing, tuttavia, non possono accedere a regimi fiscali di vantaggio, come il “regime forfettario”, poiché per i venditori a domicilio vige già un particolare regime fiscale.