La divisione dei beni ereditari

Approfondimento a cura dell’Avv. Dario Coglitore

L’art. 1111 c.c. sancisce il diritto in capo al singolo partecipante alla comunione, di chiedere lo scioglimento di essa alla Autorità giudiziaria. 

Detta facoltà corrisponde alla estrinsecazione del diritto dominicale pieno su di una quota dell’intero bene condiviso con altri per le restanti quote, e trova quale unico limite la cessazione della utilità di destinazione derivante dallo scioglimento della comunione (cfr. art. 1112 c.c.). 

Nel richiamo alla disciplina specificamente dettata in materia di divisione dei beni oggetto di successione per causa di morte, peraltro, l’art. 713 c.c. sancisce la pari facoltà in capo ai coeredi di chiedere in ogni momento la divisione, salvo che, in caso di immobile, esso non sia comodamente divisibile o che il suo frazionamento rechi pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell’igiene. 

Nella suddetta ipotesi, il disposto di cui all’art. 720 c.c., prevede che il coerede quotista maggioritario, nel giudizio divisorio, abbia il diritto di ottenere, qualora ne faccia espressa richiesta, la assegnazione dei beni in natura, con addebito di eccedenza nei confronti dei restanti comunisti, i quali pertanto uscirebbero dal regime di comunione mediante la ricezione del conguaglio in denaro corrispondente al valore delle rispettive quote, attualizzato al momento della sentenza dichiarativa di divisione; sotto tale ultimo profilo, peraltro, giova evidenziare che secondo l’indirizzo maggioritario della Suprema Corte, il momento identificativo della valutazione economica e giuridica delle singole quote sui beni oggetto di comunione, vada rinvenuto nella divisione medesima, e non con retrodatazione al tempo della apertura della successione, con la conseguenza che ai fini della determinazione dei singoli valori di quota, dovrà farsi riferimento alla attuale situazione di comproprietà pervenuta al momento della divisione a seguito dei trasferimenti, cessioni, ovvero passaggi di proprietà delle singole porzioni.

L’alternativa alla assegnazione dei beni dietro richiesta del quotista maggioritario, ovvero in subordine degli altri compartecipi alla comunione ereditaria, è data dalla vendita all’incanto dei cespiti, le cui modalità procedurali – qualora non vi sia accordo tra tutte le parti – sono stabilite dalla autorità giudiziaria la quale, in ossequio alla disposizione di cui all’art. 786 c.p.c., può delegarne le operazioni ad un notaio all’uopo incaricato.

Una importante novità attiene alla facoltà conferita alla unanimità dei coeredi in forza dell’art. 791-bis c.p.c., di richiedere al tribunale territorialmente competente, mediante procedimento da esperirsi con rito camerale, la divisione “a domanda congiunta” qualora non sussista controversia in ordine al diritto divisorio ovvero alle singole quote, domandando al giudice la nomina di un notaio ovvero avvocato al quale demandare le operazioni divisionali. 

In forza del richiamato articolo, il professionista incaricato, sentite le parti ed i creditori, nel termine assegnato nel decreto di nomina e previo avviso agli interessati, dispone la vendita dei beni non comodamente divisibili ovvero ne predispone il progetto di divisione, il quale diverrà esecutivo in mancanza di opposizione da parte di alcuno dei litisconsorti.